Vincenzo Pace, Diacono!

Veglia in parrocchia 

Venerdì 28 ottobre 2022, si è svolta nella nostra chiesa parrocchiale una veglia di preghiera in preparazione all’ordinazione diaconale del caro Vincenzo Pace, originario della parrocchia. La veglia, svolta in un contesto di adorazione eucaristica, è stata presieduta da mons. Angelo Casile, nostro parroco, ha visto la partecipazione di d. Davide Tauro, zelante viceparroco, e di numerosi fedeli laici che si sono stretti nella preghiera attorno al caro Vincenzo e ai suoi cari genitori, Bartolo e Angela, e familiari.

L’adorazione ha ripercorso la storia di Bartimeo, storia che si intreccia nell’amore provvidente di Dio con la vocazione di Enzo. «Egli buttato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù» (Marco 10,50), è il passo su cui Enzo ha incentrato la sua testimonianza, riportata in sintesi.
«La figura di Bartimeo è stata sempre per me un punto di riferimento, perché rivedo nella sua storia un pochino la mia storia; anche io come lui, mi sono ritrovato nella strada a mendicare, metaforicamente parlando, ho sempre mendicato ed ho sempre cercato qualcosa che fosse alto per me: l’amore e l’amicizia. Non mi interessava tanto realizzarmi sotto altri punti di vista, ma almeno in questi due. E quindi, come Bartimeo, anch’io mi sono trovato a gridare al Signore e lì ho scoperto il germe della mia vocazione. A trentatré anni mi sono messo a gridare a Gesù, perché cercavo semplicemente quell’amore che Dio mi ha dato da subito. Poi sono entrato in seminario a trentanove anni, impiegando un po’ di tempo per far sì che questa cosa si realizzasse, ma non ho mai pensato che questi sei anni di tempo fossero tempo buttato; proprio perché sin da subito, da quando mi sono avvicinato alla fede, ho sempre chiesto il dono di una fede vera, di una fede viva che potesse essere messa in concordia con la mia umanità.
Nel momento in cui sono entrato in seminario è cambiato tutto per me, perché lavoravo da vario tempo, avevo una mia attività e tornare a studiare, tornare a vivere in una comunità a trentanove anni, all’inizio non è stato semplice: ci sono stati momenti di crisi, che mi hanno permesso di maturare per giungere a oggi, alla vigilia dell’ordinazione diaconale, con il cuore sereno e con la gioia di poter agire in umiltà e semplicità. Non mi aspetto nulla, se non di essere diacono secondo il cuore di Gesù. Rimane la mia umanità, rimane la mia fragilità, ma è benedetta dal Signore.
Un grazie particolare voglio farlo a don Angelo e alla parrocchia di san Bruno, perché in questi anni ci siamo cercati tante volte. In estate e nelle vacanze di Natale e di Pasqua, venivo qui a pregare e a vivere la Messa, quindi è stato inevitabile per me, nella fase finale della mia formazione, cercare una parrocchia che potesse essere casa per me. E per questo dico grazie a don Angelo che mi ha accolto ancor prima che questo accadesse e lo dico a voi, perché ci siamo visti quotidianamente e ho visto nei vostri sorrisi la gioia e la preghiera verso di me, quella preghiera che state facendo anche in questi giorni.
Continuate a pregare per me e per i miei quattro confratelli perché possiamo essere strumenti nella mano del Signore. Vi dico ancora grazie e vi chiedo di accompagnarmi in questa notte, come stiamo facendo, in maniera semplice. Ho desiderato, lo dicevo a don Angelo, una veglia con Gesù Eucaristia, perché la cosa migliore è metterci in ginocchio, rivolgerci al Signore, che conosce i nostri cuori e ciò vale per me e per voi, perché ci permetta di realizzare non tanto i nostri sogni, ma i suoi progetti in noi. Grazie».

Successivamente, don Angelo ha ringraziato Enzo per la splendida testimonianza e, partendo da Bartimeo, ha proposto una riflessione sul diacono, che riportiamo a seguire, sul suo essere configurato a Cristo, Servo del Padre, casto, povero e obbediente.
«Siamo davanti al Signore per pregare per te, caro Enzo, pregare con te e con i tuoi amici. Ti ringrazio insieme alla comunità per le parole che ci hai dato, ci aiutano a comprendere che in definitiva c’è un po’ di Bartimeo in tutti noi. L’evangelista Marco che presenta Bartimeo, dice “c’era il figlio di Timeo, Bartimeo”, ma dice la stessa cosa, perché “figlio di Timeo” in ebraico è “Bar Timeo”. Possiamo dire, in italiano, figlio del timore, figlio del timore di Dio. Bartimeo ci dice che è importante essere figli, sottolinea una relazione, Bartimeo c’è perché c’è suo padre, noi ci siamo, perché c’è Dio che è padre e siamo figli in Gesù; per questo è bello sentirci come Bartimeo, figli, figli del Padre, figli in Gesù, Figlio.
Come Bartimeo siamo ciechi, cerchiamo qualcosa, cerchiamo Qualcuno che ci dia la vista, che dia senso e luce a tutta la nostra vita e solo Dio Padre può darci questa luce. Ancora, come Bartimeo, figlio del timore, siamo chiamati a ricordarci di Mosè che si avvicina al roveto ardente ed è invitato da Dio a togliersi i calzari. Ecco il timore: sapere che Dio è Santo! E anche se qui, davanti a noi, è presente in un piccolo frammento di pane, Dio rimane l’incommensurabile. Solo il suo amore lo racchiude in un pezzetto di pane e ci indica la via della salvezza che è Gesù, amore infinito del Padre, e la indica soprattutto a te e ai tuoi quattro amici perché attraverso il diaconato venite ad essere tutti configurati a Gesù. L’Ordine santo ci rende come Gesù, nonostante i nostri limiti.
Il diaconato ci configura a Cristo casto, povero e obbediente, a Cristo servo del Padre. Il sacerdozio poi ci configura a Cristo sacerdote unico ed eterno; l’episcopato ci configura a Cristo capo della Chiesa.
La castità è anzitutto quella del corpo, ma è ancora di più castità del cuore, castità della mente perché noi possiamo essere casti nel corpo però possedere le persone. La castità ci riconduce a Gesù, ci fa accostare le persone tenendole sempre sul palmo della mano, senza mai stringerle a noi.
La povertà è quella materiale, ma non basta, perché potremmo essere poveri, con pochi centesimi, ma vivere solo per essi e non essere capaci di donarli, come invece fece la povera vedova: getta i pochi spiccioli che ha nel tesoro del tempio. La povertà è anch’essa povertà di cuore e della mente, saper vivere dei doni che abbiamo, materiali e spirituali, mettendoli al servizio: al servizio del Padre, al servizio della Chiesa, al servizio dei fratelli.
L’obbedienza materiale ci rende riverenti, ossequiosi, ma questa non è obbedienza è solo un sì di facciata. Il sì di Gesù invece è sì totale, dono al Padre e dono del Padre per noi. Anche il suo cuore trafitto sulla croce indica dono, dal suo costato uscirono sangue ed acqua, i sacramenti della salvezza. Anche l’affetto più bello, l’affetto materno, diventa dono per noi, sulla croce Gesù ci dona Maria come madre. Ecco l’obbedienza totale di Gesù: non tiene nulla per sé, ma compie pienamente la volontà del Padre.
Domani, sarai rivestito con la stola di traverso da me, come parroco, per ricordarci che la comunità ci aiuta a crescere nella fede. Le vocazioni sono frutti della preghiera dei genitori, dei nostri nonni, dei nostri amici, delle persone care che ci hanno conosciuto da bambini, di una comunità che ci accompagna, ci aiuta a vivere nella fede, nella carità, nella speranza.
Il Signore ti aiuti ad essere diacono secondo il cuore di Gesù. Il servizio che il Signore ti dona, rimane per sempre, anche da presbiteri si rimane diaconi, servi! Servi del Padre, servi di Gesù, servi dello Spirito, servi della Chiesa, servi nell’amore dei nostri fratelli.
Auguri caro Enzo, per te domani una delle tappe importanti della tua vita si compirà, ma si aprirà un nuovo cammino nel Signore».

Ordinazione in cattedrale

Sabato 29, assieme alla comunità del Seminario arcivescovile “Pio XI”, ai familiari e a tanti parrocchiani di San Bruno guidati da d. Angelo e d. Davide, abbiamo vissuto con fede nella nostra Basilica Cattedrale l’ordinazione diaconale di cinque accoliti. Si tratta di Emanuele Benedetto della parrocchia di Santa Lucia, Saverio Caccamo della parrocchia di San Giuseppe in Melito Porto Salvo, Candiloro Simone Costarella della comunità di Maria Santissima della presentazione in Montebello Jonico, Alessandro Cama di San Pio X al Santuario di Modena e Vincenzo Pace della parrocchia di San Bruno.

I diaconi sono stati ordinati dall’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria dell’arcivescovo metropolita, S.E. Mons. Fortunato Morrone. Il diaconato è una tappa importante del cammino verso il presbiterato, poiché educa al servizio della carità nella Chiesa e nei confronti del prossimo.

Eucaristia in parrocchia 

Domenica 30, il novello diacono Enzo, salutato con paterno affetto dal caro d. Angelo, ha partecipato alla celebrazione eucaristica domenicale esercitando il suo ministero: ha proclamato il Vangelo e lo ha commentato nell’omelia, ha preparato l’altare per l’Eucaristia, ha innalzato il calice, ci ha invitati allo scambio della pace, ci ha inviati in pace a glorificare il Signore con la nostra vita. Questo il saluto iniziale di d. Angelo:
«Abbiamo cantato “Chiesa di Dio, popolo in festa”. La Chiesa è in festa perché siamo nel giorno del Signore, la 31ª domenica del tempo ordinario, e siamo ancora in festa perché un figlio di questa comunità Vincenzo è diventato diacono. Ringraziamo il Signore perché ti ha chiamato, caro Enzo, e ringraziamo il Signore perché hai saputo rispondergli di “sì”. Ringraziamo i tuoi cari, papà Bartolo, mamma Angela, tuo fratello, tua sorella e tutti i tuoi familiari. Insieme celebriamo l’amore del Signore che non si stanca mai di amarci, di perdonarci, di indicarci la via da seguire. Ci sentiamo come san Pietro poveri peccatori ma chiamati ad essere santi e buoni con l’amore e l’aiuto di Dio. Invochiamo il suo perdono».

Dopo aver proclamato il Vangelo, d. Enzo ci ha regalato la seguente omelia, riportata in sintesi:
«La prima lettura di oggi (Sapienza 11,22-12,2) ci porta, come tutte le domeniche in modo particolare, a fare un cammino verso il vangelo. Il Signore è misericordioso verso tutti, ha compassione e aspetta il pentimento degli uomini. Il Signore ci attende e conosce il cuore di ogni uomo e sa quando sarà pronto, noi uomini invece abbiamo la fretta di volere dagli altri ciò che non possono darci.
Il Salmo 144 ci presenta il Signore che “sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto”. Anche qui troviamo la logica di Dio che è ben diversa da quella degli uomini, il Signore non si ferma davanti al nostro peccato ed è sempre pronto a rialzarci, a stare accanto a noi e a tenerci la porta del cuore aperta.
Il vangelo (Luca 19,1-10) ci aiuta a identificarci con Zaccheo. Egli, piccolo di statura, può rappresentare noi che cerchiamo di elevarci a Dio, di cercare il volto di Gesù.
Mi piace molto l’azione di Zaccheo, l’azione umana di Zaccheo, che sale sul sicomoro. Per chi di noi è stato ieri in cattedrale il nostro arcivescovo ci diceva che quest’albero è molto appiccicoso, quindi Zaccheo per salire su quest’albero deve sporcarsi. Il peccato ci fa sporcare, ma non si può rimanere fermi, occorre salire sul sicomoro, chiedere la grazia di Dio, cercare Gesù. Gesù nello sguardo che riceve da Zaccheo, legge il cuore di Zaccheo e sa che vuole essere purificato. Quindi Gesù chiama Zaccheo: “Scendi subito, oggi devo fermarmi a casa tua”. Zaccheo scende in fretta e lo accoglie pieno di gioia, è la gioia che proviamo nel chiedere e ottenere il perdono del Padre. Zaccheo accoglie la misericordia di Dio ed è tanto preso dall’entusiasmo da voler restituire ben oltre il previsto: “restituisco quattro volte tanto”.
Un’ultima considerazione la traggo dall’Ufficio delle letture, che prevede la lettura di “Gaudium et spes” al numero 78, dove si afferma che per costruire la pace sono assolutamente necessarie due cose la ferma volontà di rispettare gli altri uomini e la fratellanza. Mi fa molto riflettere questo perché san Paolo nella seconda lettura (2 Tessalonicesi 1,11-2,2) ci dice “preghiamo continuamente per voi”. Tante volte abbiamo la presunzione di sentirci uomini di preghiera, però poi non rispettiamo gli altri e, prima ancora, non rispettiamo noi stessi. Accogliere chi è più lontano da noi è una cosa che in qualche modo riusciamo a fare, ma accogliersi tra fratelli, in una comunità, a volte può diventare difficile.
Allora vi lascio con il consiglio di san Paolo e vi chiedo la carità come comunità di san Bruno di pregare per tutte le comunità e in particolare per quella di san Francesco, nella quale ho imparato l’umiltà di Francesco e ho conosciuto e amato il Signore, tanto da essere pronto a fare delle scelte, che umanamente non avrei mai fatto, e ad avere quella gioia nel cuore di sentirmi pronto ad affidarmi all’amore di Dio».

Conclusa la celebrazione, don Angelo ha rinnovato il nostro grazie al caro Enzo, il nuovo diacono:
«Non vi nascondo l’emozione che ieri ho provato nel vestirlo con la stola e la dalmatica. Con Enzo ringraziamo il Signore per la bellezza della paternità e della fraternità. Con tutti e cinque nuovi diaconi sono stato compagno di viaggio nel loro primo anno di esperienza in seminario. Vivo l’emozione di averli visto all’inizio del loro cammino e poi nel primo traguardo; il prossimo traguardo, a Dio piacendo, a giugno e la bellezza di vederli sempre insieme; cinque sono partiti e cinque sono arrivati, con grande spirito di fraternità, di amicizia, di amore a Dio. Ringraziamo ancora te e i tuoi cari, grazie per le parole che ci hai donato. Continuiamo a pregare per te, la nostra comunità è sempre casa tua».