Festa di San Bruno 2021

Anche quest’anno, a partire da lunedì 27 settembre, il Signore ci ha donato la grazia di celebrare insieme e con profonda fede la Novena di San Bruno, nostro celeste patrono. Ci siamo rivolti con fiducia al Santo certosino per seguire sempre più Gesù, nostro Salvatore e Bontà misericordiosa del Padre, e vivere nell’amore di Dio e del prossimo.Festa di San Bruno 2021

Di seguito è possibile scaricare il Programma della Festa 2021. Abbiamo accolto con profonda gioia e gratitudine S.E. Mons. Fortunato Morrone, Arcivescovo metropolita di Reggio Calabria – Bova, nel giorno della Festa di San Bruno e abbiamo vissuto l’itinerario di preghiera e di gioia fraterna, nella viva consapevolezza che «ancora oggi, la densità dell’esistenza di san Bruno, tutta dedicata alla ricerca assidua di Dio e alla comunione con Lui, continua ad essere una stella luminosa all’orizzonte, per la Chiesa e per il mondo» (Papa Francesco). Ecco di seguito come abbiamo vissuto i giorni della Novena:

Lunedì 27 settembre – Con san Bruno, uomo di gioia
Don Bruno La RizzaAbbiamo iniziato il novenario in preparazione della festa del nostro protettore san Bruno, uomo di gioia, accogliendo con gioia don Bruno La Rizza, rettore del Santuario di Santa Maria del Bosco in Serra San Bruno, che ci ha portato non solo i saluti e la benedizione del padre Ignazio, Priore della Certosa, ma anche la sua assicurazione che i certosini, durante questa novena, saranno in comunione di preghiera con noi.
Ripercorrendo le tappe essenziali della vita del santo, don Bruno ha evidenziato come pur essendo sicuramente il più grande maestro della sua epoca, san Bruno ad un certo punto mette da parte i libri e capisce che quell’Unico, quell’Assoluto, quel Salvatore che lui cerca si incontra nella preghiera e nei fratelli.
Certamente, ovunque sia stato – e sicuramente è venuto qui, anche se non è scritto da nessuna parte – ha vissuto una vita molto molto rigida, di penitenza, di sacrificio e di preghiera, a metà tra l’eremitico, la solitudine, il silenzio e la comunità. Sappiamo che i certosini stanno soli nelle celle, nella Certosa si vive da una parte la solitudine, dall’altra la comunità che ti rafforza, ti aiuta a vivere, a confrontarti in continuazione con quello in cui credi e che preghi. Quando stiamo in ginocchio e preghiamo c’è il contatto di amore tra noi e Dio. La preghiera è la più alta conoscenza di Dio, è l’amore verso il Signore, o, meglio, l’amore del Signore verso di noi.
Anche nei rapporti umani ci vuole la capacità di ascoltare e di parlare, ma spesso anche quando preghiamo parliamo sempre noi, in un certo senso vogliamo dominare Dio, invece la preghiera parte dall’ascolto e poi c’è la risposta…
San Bruno insegna che dobbiamo ascoltare colui che amiamo: il Signore! lasciarci amare da Lui e non soffocare, con le nostre preghiere, la Sua voce. Stare ad ascoltare in silenzio il Signore, lasciarci amare, permeare dal Signore.
La contemplazione! Le meraviglie di Dio si scoprono nella preghiera, nell’Adorazione eucaristica, ma anche nei fratelli; un grande pensatore diceva: “Non posso adorare Gesù Cristo nell’ostia consacrata se poi non sono capace di adorare la presenza di Cristo nei fratelli” e diceva ai suoi discepoli andiamo per la strada, andiamo ad adorare Gesù nei fratelli che incontriamo.
Stando vicini ai certosini ci sentiamo accolti, amati, anche senza conoscerci…
Troviamo questi tempi di preghiera, di contemplazione, di meditazione qui in chiesa, e poi li possiamo trovare ovunque, anche quando siamo a casa, per la strada, vedere la presenza del Signore dappertutto, o Bònitas Dei, o bontà del Signore!
A conclusione dell’omelia, don Bruno ci ha consegnato l’antico Rosario certosino del monaco Domenico di Prussia, il rosario originario, che è nato nei monasteri certosini, organizzato diversamente da quello che conosciamo noi e che si conclude con l’Angelus, preghiera antichissima attribuita al papa Urbano II, discepolo di san Bruno, da cui probabilmente lo aveva imparato, invitandoci anche a pregarlo e meditarlo alla maniera dei certosini, legandoci alla spiritualità bruniana e dei certosini.
A conclusione della celebrazione, prima della benedizione impartita con la reliquia di san Bruno, il nostro caro parroco, don Angelo, ha rivolto parole di ringraziamento a don Bruno e ai suoi accompagnatori Sara, Gigi e Marco, l’organista con cui abbiamo pregato l’Ufficio di san Bruno, esprimendo anche la speranza di poter realizzare il pellegrinaggio a Serra San Bruno per vivere quel gemellaggio auspicato da padre Ignazio e desiderato dalla nostra comunità parrocchiale.

Martedì 28 – Con san Bruno scegliamo Dio al di sopra di tutto
Don Davide Tauro“Ciò che si semina prima o poi fiorisce”. Così all’inizio della santa Messa, don Angelo ha concluso il saluto di benvenuto a don Davide Tauro, sacerdote da pochi mesi e dal prossimo primo ottobre nostro vice parroco, e amministratore parrocchiale di san Nicola di Bari in Vito. Lo accogliamo con tanta gioia e tanta riconoscenza al Signore e al nostro vescovo Fortunato.
All’inizio dell’omelia don Davide ha prima di tutto ringraziato il Signore per questa chiamata nella chiamata, don Angelo per il suo affetto e la paternità delicata esercitata fin dai primissimi anni della sua formazione da seminarista e il nostro amato arcivescovo per averlo mandato a fare quanto detto da Gesù: “Sono venuto per servire!”.
Ci ha poi ricordato che in queste ultime settimane abbiamo visto i discepoli alla sequela di Gesù nel suo cammino e in questo cammino ha consegnato loro diversi insegnamenti, esortazioni. Potremmo dire che gli ha costruito una sorta di catechismo, di compendio che serviva per orientare la loro vita, per illuminare la loro esistenza anche se da parte loro c’è stata anche resistenza, ribellione o desiderio di primeggiare.
Oggi abbiamo ascoltato come Gesù prende la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme, in maniera ferma, risoluta, “Gesù indurì il suo volto”. Ma i samaritani non lo accettano perché, come spesso facciamo anche noi, immaginano un Dio che risolve tutti i nostri problemi. Invece il mettersi di Gesù in cammino verso Gerusalemme significa decidere di consegnare la vita! Consegnarla per amore, per i fratelli, nel segno dell’amore totale, della consegna, del servizio.
Gesù ha offerto la salvezza a tutti e nessuno di noi può circoscrivere il raggio d’azione dello Spirito Santo che soffia come e dove vuole. Nessuno può mettersi in mezzo tra Dio e gli uomini che lo vogliono incontrare. Il nostro compito di cristiani deve essere quello di facilitare e favorire questo incontro.
Siamo quindi chiamati a mettere Cristo al centro della nostra vita e al di sopra di ogni cosa, per essere autenticamente felici, come preti e come cristiani chiamati ciascuno nella propria vocazione specifica, sull’esempio di san Bruno che ha dato una svolta alla sua vita iniziando il cammino nella sequela naturale di Cristo attraverso la fondazione di quell’ordine che coniugherà elementi della vita eremitica ad elementi della vita cenobitica. La vocazione certosina non è certamente una vocazione cui tutti siamo chiamati ma, come lui stesso dice, è una vocazione eccezionale.
Affidiamoci all’intercessione di san Bruno e della beata Vergine del Rosario di Pompei, affidiamo tutte le nostre gioie, le nostre attese, le nostre speranze e chiediamo che siano esaudite secondo la Sua volontà.

Mercoledì 29 – Con san Bruno proclamiamo la bontà di Dio
Don Antonio CircostaOggi abbiamo conosciuto don Antonio Circosta. Anche lui ha ricevuto il sacerdozio l’otto maggio di quest’anno ed è al servizio con don Antonino Iannò nel quartiere di Arghillà. A lui, insieme al nostro parroco, don Angelo, auguriamo ogni bene nel servire la nostra Chiesa e una bella esperienza di vita sacerdotale nella fraternità.
Partendo dal brano evangelico della Festa dei Santi Arcangeli che parla di Natanaele, visto da Gesù ancor prima di incontrarlo, don Antonio nell’omelia ci ha parlato del Signore che ci guarda sempre, e anche se noi non ce ne accorgiamo dobbiamo però sentirlo sempre nella nostra vita: siamo sempre sotto lo sguardo amorevole di Dio.
Tutto questo san Bruno l’ha vissuto per primo, lui è riuscito a sentire quello sguardo d’amore che lo chiamava a fare qualcosa di grande, che lo chiamava a essere punto di riferimento per molti.
Ha istituito un ordine monastico con un determinato stile di vita, ma questo non rende san Bruno lontano da noi, perché il suo modo di pregare, il suo modo di vivere in Dio possiamo applicarlo anche nel nostro quotidiano pur non scegliendo la vita ascetica. Possiamo vivere la bontà di Dio nel nostro quotidiano; riuscire a sapere che, nonostante noi, Dio è buono; che, nonostante il nostro essere piccoli, manchevoli, arrendevoli, Dio non si stanca di posare lo sguardo su di noi, Dio non cessa di guardarci.
Dio non si limita solo a guardarci, a custodirci, si mette accanto a noi e ci accompagna nel cammino della nostra vita. È qui che si sperimenta realmente la volontà di Dio. Quando riusciamo a sentirlo accanto a noi, quando realmente percepiamo la presenza di Dio che abbraccia la nostra stessa strada, abbraccia il nostro vivere la nostra giornata quotidiana, abbraccia tutto di noi, ciò che viviamo di bello e anche le sofferenze. Lui decide di abitare ogni cosa di noi e quindi si fa compagno della nostra strada, si mette a fianco non per strattonarti, no! Se facesse così ci farebbe violenza! Ma ti accompagna, lascia che tu decida il percorso da seguire, lascia che tu faccia le tue scelte, in piena libertà e anche se quella scelta possa essere, a nostro riguardo, giusta o sbagliata, Dio non la considera così. Dio la considera proprio un’opportunità per te. Partendo dalla tua scelta Dio riesce a trarre sempre qualcosa di buono; anche se secondo noi è un errore, ma Dio sa trasformare quell’errore in un’opportunità, un’opportunità di incontro. Molte volte noi viviamo e non riusciamo a sentire Dio nella nostra vita, non riusciamo a percepire che Lui è vicino. Questo perché siamo un po’ troppo concentrati sul nostro dire, un po’ troppo concentrati su noi stessi, su ciò che ci affligge, su ciò che ci distrae; però basta un po’ fermarsi, fare il punto della situazione e capire che se anche Dio non l’abbiamo sentito in un determinato punto della nostra vita, Lui c’è stato, Lui è stato sempre di fianco a noi.
Tutto ciò è stato vissuto da san Bruno. Non avrebbe potuto fare nulla di quello che ha fatto, se non avesse avuto Dio al suo fianco, perché senza Dio l’uomo può fare ben poca cosa. Solo se tu ti lasci guidare da Dio, allora sei chiamato a fare grandi cose; possono essere cose che non fanno scalpore, ma agli occhi di Dio sono grandi.
Il Signore ci chiede di essere, come san Bruno, testimoni di Dio che è buono, di Dio che è amore, Dio di misericordia; testimoni di questo Dio che si spende per l’uomo, che cerca l’uomo, in tutti i modi. Anche nei vangeli: Gesù rivela tutta la sua continua ricerca per incontrare l’uomo. Gesù è Dio con noi; è sempre in continuo movimento per poterci incontrare, per poterci stare accanto.
Chiediamo al Signore di avere gli occhi per saperlo riconoscere, per saper guardare verso lui e saper orientare la nostra vita verso di lui.

Giovedì 30 – Con san Bruno viviamo la centralità di Gesù Cristo
Don Francesco MegaleAccogliendo stasera don Francesco Megale, parroco con don Antonino Palmenta di Campo Calabro e vicario episcopale per laicato, famiglia e lavoro, don Angelo ha sottolineato come entrambi siano stato ordinati lo stesso giorno, ventotto giugno, anche se in anni diversi, e come gli incarichi loro affidati dal vescovo siano di stimolo a coordinarsi, saper lavorare, pregare, vivere insieme.
Anche don Francesco ringraziando il nostro parroco, un fratello maggiore che accoglie e guida, ha sottolineato come pure l’invito alla novena, è un modo per manifestare la comunione a servizio della Chiesa. Servizio in cui il compito principale dei sacerdoti è spezzare la parola per noi popolo di Dio, per camminare insieme mettendo al centro la parola del Signore ed è proprio questo il messaggio che ci offre oggi la liturgia, in questo giorno dedicato a san Girolamo che diceva “Ignorare le Scritture significa ignorare Cristo”.
Nel brano tratto dal libro di Neemia leggiamo che tutto il popolo di Dio si radunò come un solo uomo – quindi ci chiama all’unità, alla comunione – e che i leviti commentavano la parola, la spiegavano al popolo che all’inizio era triste, forse perché la parola di Dio gli aveva fatto comprendere il proprio peccato, perché l’amore di Dio è come una lama a doppio taglio, che colpisce chi l’ascolta, che fa male, fa sanguinare l’anima, ma ci aiuta a capire chi è Dio, chi siamo noi, qual è il nostro limite, per cercare di cambiare la nostra vita, di migliorarci.
Ma poi i leviti incoraggiano il popolo: non essere triste, devi gioire perché questo è il giorno in cui il Signore parla, fa ascoltare la sua voce, ti mette in relazione con Lui, per vivere con gioia e così il popolo cambia atteggiamento: da popolo triste diventa popolo gioioso perché ha compreso la parola del Signore che aveva parlato al cuore.
Anche noi dobbiamo vivere così i nostri momenti di incontro con il Signore, tornare a casa più ricchi, con la gioia nel cuore perché Lui ci chiede fare nostra la sua parola, di metterci in ascolto perché possiamo vivere con Gesù, come facevano i suoi primi discepoli, in comunione con Lui, in comunione tra noi. Il Signore deve essere la nostra forza, Colui che ogni giorno ci aiuta a superare le difficoltà della vita, in Lui troviamo un motivo di speranza per la vita di ogni giorno, altrimenti non ha senso essere cristiani,
L’altro messaggio importante è nel vangelo: oggi parla dei 72 discepoli che Gesù invia per la missione. Tutti i battezzati sono chiamati ad essere missionari, ad annunciare la parola, non soltanto il sacerdote o le suore, ma ognuno di noi deve sentirsi responsabile di fronte alla chiamata del Signore e Gesù insegna lo stile che deve avere chi ascolta la parola di Dio e si mette a servizio del vangelo, dice: dovete essere come agnelli in mezzo ai lupi. Non deve essere un atteggiamento da conquistatori, o da combattenti, ma da persone più deboli che devono, come lui, essere capaci di subire, di sopportare le umiliazioni. Isaia parla del servo sofferente, di Gesù e dice che è andato dritto incontro alla morte, senza parlare, senza dire nulla. A volte dalla missione si esce sconfitti, ma spesso dalle sconfitte possiamo comprendere tante cose importanti, dalle cose negative, dalle esperienze negative un cristiano deve saper trarre fuori le cose belle, le cose importanti, quelle che il Signore ci voleva dire attraverso una situazione brutta vissuta.
Perché Gesù dice una cosa importante: non portate né sandali né bisacce? perché vuole che ci fidiamo della Provvidenza; invece noi calcoliamo tutto e dimentichiamo che se ci fidiamo di Dio, Dio non ci farà mancare nulla; fidatevi di Dio, fidatevi della provvidenza. Chi è nella povertà sente i bisogni degli altri, una volta la gente si guardava negli occhi, si voleva bene, si aiutava e si sorrideva, si comprendeva l’importanza dell’altro e di metterlo al centro della nostra vita. Oggi abbiamo tutto ma siamo sempre più soli, sempre più tristi e sempre più ci combattiamo, siamo invidiosi gli uni degli altri. In fondo la missione cos’è? uscire da noi stessi per andare incontro al fratello; Dio è il primo missionario perché è uscito da se stesso per venire incontro a ciascuno di noi.
Concludo con un riferimento a san Bruno. Voi sapete che san Bruno aveva, un suo motto “Solo con Dio solo!”, essere sempre più lontano dal mondo per appartenere sempre di più a Dio; era questo che cercava nella solitudine. Papa Benedetto durante la visita a Serra san Bruno ha detto una cosa importante: il solo fatto di stare da soli in un luogo sperduto non basta per riuscire ad entrare nel silenzio, a staccarsi dalle cose del mondo; perché la vita monastica è come la vita matrimoniale: il matrimonio in chiesa non basta per essere una sola cosa è necessario esercitarsi ogni giorno, ma soprattutto è necessaria la grazia di Dio, perché se Dio non interviene, non si potrà mai raggiungere l’unità, così non ci si distacca dalle cose del mondo se non si chiede al Signore la grazia. Non basta metterci impegno ma dobbiamo sempre continuamente chiedere la grazia, perché senza lo Spirito Santo, senza questo aiuto dall’alto, non saremo mai capaci di seguire il Signore, avremo sempre difficoltà, metteremo sempre al centro noi stessi, invece di Dio; perché umanamente siamo portati ad essere egoisti e solo l’aiuto di Dio ci renderà capaci di andare verso l’altro, di amarlo, di accoglierlo, come hanno fatto san Bruno e san Girolamo.

Venerdì 1° ottobre – Con san Bruno proclamiamo la sapienza della Croce
Don Giovanni ImbalzanoOggi, primo giorno di ottobre, abbiamo ospitato don Giovanni Imbalzano, sacerdote dal 2009, particolarmente legato a san Bruno e che proprio un sei ottobre ha iniziato il suo servizio di parroco a san Gregorio, facendo poi spesso memoria dell’opera e della santità di questo grande maestro di vita spirituale. Nell’omelia ci ha regalato un parallelo tra l’esperienza di san Bruno e di santa Teresa – la patrona delle missioni che oggi la Chiesa ricorda – due santi diversissimi, in due contesti storici diversi, ma che hanno tante cose in comune, se leggiamo la loro vita nell’ottica del vangelo.
San Bruno, tedesco, inizia la sua ricerca di Dio desiderando staccarsi da tutto per incontrarLo. Teresina ancora adolescente, appena quindici anni, entra in convento con una dispensa papale e vede nella vocazione religiosa il modo di manifestare agli altri il grande amore di Dio per l’umanità, l’amore misericordioso, del quale lei parla nei suoi scritti in particolare nel suo diario, Storia di un’anima, che è un classico della spiritualità.
Un’altra cosa molto vicina di questi due santi è proprio il desiderio di staccarsi dagli uomini, di staccarsi dal loro ambiente per essere più vicini al Signore. San Bruno lasciò tutto fino ad arrivare all’esperienza della fondazione della prima Certosa in un luogo deserto, lontano da tutto per vivere un rapporto intimo col Signore. Teresa sceglie il Carmelo, dove già c’erano alcune delle sue sorelle, lascia tutti per essere più vicina a tutti. Possiamo perciò comprendere perché la Chiesa l’ha proclamata patrona delle missioni, lei che non era uscita dall’ambiente familiare dove era nata, poi l’esperienza a Lisieux ed un unico grande pellegrinaggio che la portò in Italia, a Roma, a Loreto, a vedere la Santa Casa, per conoscere la volontà di Dio. Anche Bruno lascia la sua città, scende in Italia, conosce l’esperienza romana ed anche lì fa una scelta definitiva, scende in Calabria e vi fonda un’altra opera, si rimette in cammino alla ricerca di Dio, lontano da tutto ma con i fratelli, le sorelle nel cuore.
A prima vista l’esperienza della comunità certosina ed ancora di più quella del Carmelo può sembrare una separazione, invece è un sentire con la Chiesa la missione di arrivare a tutti. In modi diversi e anche perché san Bruno dà testimonianza di una grande forza davanti alle proposte del mondo fino a rifiutare di diventare vescovo della nostra città, proprio perché il suo desiderio è quello di incontrare il Signore, in un modo originale: vivere completamente in contemplazione; contemplare le meraviglie di Dio per portarle ai fratelli nella preghiera, nel lavoro, nel servizio, nell’esperienza della Certosa. Così anche santa Teresina nei lavori più umili, sacrista nel convento, aiuto nell’infermeria con le sorelle anziane e poi in tutti quelli che sono i piccoli servizi di una comunità, fatti con la gioia nel cuore. Lei è veramente maestra di vita spirituale perché ci insegna che non è necessario fare grandi opere; in una pagina molto bella del suo diario descrive la sua situazione spirituale, il suo desiderio: aveva conosciuto le esperienze di grandi santi, grandi fondatori, santi della carità che avevano costruito ospedali, scuole, centri per i poveri, diceva io tutto questo non riesco a farlo e forse non è quello che mi chiede il Signore, a me chiede di essere al centro della Chiesa, di essere il cuore della Chiesa, di sostenere questi fratelli che vivono l’esperienza della carità, l’esperienza della missione con la mia preghiera.
Una donna che mette al centro la preghiera, così come Bruno mette al centro la contemplazione dei misteri di Dio non staccandosi da tutto il resto. Teresa non è stata in territori di missione ma il suo cuore, la sua preghiera raggiungeva tutti i missionari; le era stato chiesto dai superiori di adottare spiritualmente due missionari, di sostenerli con la preghiera, c’è uno scambio epistolare molto bello tra questi due missionari e santa Teresina che aveva invano desiderato avere dei fratelli sacerdoti ma nella sua famiglia erano tutte femmine e tutte suore e dei suoi genitori, anche loro venerati dalla Chiesa come santi, lei la più piccola della famiglia facendone un po’ l’elogio diceva “erano più del cielo che della terra”. Così anche l’esperienza di Bruno padre dei monaci incide sui primi compagni e su tutti gli altri che porteranno avanti la sua missione particolare, una vita vissuta nel silenzio, nella preghiera, nella contemplazione, ma mai staccata dall’esperienza della Chiesa.
Nel vangelo, in maniera diversa, entrambi sono legati all’esperienza della passione: negli scritti di san Bruno troviamo il desiderio della sequela: seguire Cristo fin sotto la croce; ricordiamo che il motto dice “mentre il mondo gira, la croce sta ferma”, proprio per indicare che solo nella croce, nell’esperienza della passione, della morte, della risurrezione del Signore possiamo trovare quella che è la nostra vera gioia; non la rinuncia delle cose del mondo per sentirsi superiori al mondo, ma essere più vicini a Dio per essere poi vicini ai fratelli nella carità, nella confidenza, nella testimonianza. Santa Teresina muore ad appena 24 anni e forse pochi sanno che il suo titolo da religiosa è santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto santo; anche lei, come il nostro san Gaetano Catanoso, era iscritta all’Arciconfraternita del Volto santo di Tours, un’esperienza spirituale vissuta nel secolo scorso; questi santi non si incontrarono mai, eppure avevano messo il volto sofferente di Cristo al centro della loro missione. Chiediamo a san Bruno e santa Teresa di vivere la nostra vita così come essi hanno testimoniato.
Dopo la preghiera dei fedeli don Giovanni e il nostro caro parroco don Angelo hanno amministrato il sacramento dell’Unzione degli infermi a tanti fratelli e sorelle sofferenti e tutti ci siamo affidati a Gesù medico perché guarisca il nostro cuore e ci salvi.

Sabato 2 – Con san Bruno percorriamo la via dell’amore
Mons. Pasqualino CataneseAccogliendo con profonda gioia mons. Pasqualino Catanese, il nostro caro parroco mons. Angelo Casile ha sottolineato che è molto bello per entrambi condividere, con compiti diversi, il servizio di vicari generali del nostro vescovo, l’essere i suoi “angeli custodi” e quindi della diocesi; ha poi rammentato che don Pasqualino è stato recentemente con noi per ricordare il nostro caro Danilo. Don Pasqualino, parafrasando Pietro, ha replicato che “è bello per me stare qui” per l’amicizia, l’affetto, la stima reciproca che li lega da tanto tempo e la condivisione del compito impegnativo affidato loro dal vescovo.
Don Pasqualino ha introdotto l’atto penitenziale ringraziando il Signore per l’opportunità che ci offre di crescere nella fede, di migliorare, mettere la nostra buona volontà, il nostro sì all’azione di Dio per arrivare a percepirlo sempre di più come Colui che è assolutamente necessario alla nostra vita, Colui senza il quale non potremmo vivere, non potremmo far nulla. Oggi riconosciamo come peccato le nostre pigrizie di fede, possono essere mancanze, ma possono essere anche un vizio capitale, si chiamano accidia e le nostre anche piccole accidie ci impediscono di offrire totalmente la nostra disponibilità al Signore.
Poi, spezzando la Parola per noi, ci ha ricordato che siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio quindi nella logica dell’amore, perché Dio è amore, è unità profonda, Padre e Figlio e Spirito Santo si amano in maniera perfetta. E Dio, per amore, ha voluto dare la vita e trasferire un po’ della sua realtà ad altri esseri agli angeli e a noi uomini a cui ha donato una realtà importante che è la libertà; a immagine e somiglianza sua. In tutto, anche nella capacità di essere liberi, di dire sì o no. Ma ci ha creati nell’amore e la vocazione primaria dell’uomo è riconoscersi immagine di Dio.
Come san Bruno ha percepito questa via dell’amore? Sicuramente attraverso la sua fede, la sua preghiera, lui parla di dito di Dio che disegna nel cuore ed ha percepito questo dito di Dio, che poi è lo Spirito Santo, che disegnava in lui la via dell’amore, è diventato sempre più consapevole di essere chiamato alla realtà di amore; di un amore totalmente offerto, come quello dei consacrati, che è ugualmente amore, è amore offerto fino in fondo. E se una cosa si fa per amore non si soffre mai; si gode, si gioisce per amore, anche quando una realtà può essere sofferta, ma se offriamo qualcosa per amore non abbiamo da soffrire nulla.
Ma com’è il Dio in cui noi crediamo? È un Dio che si vendica? È un Dio giudice? Assolutamente no! Noi diciamo che è un Dio di amore e di misericordia, e perciò ci dà la possibilità di comprendere la realtà di amore e poter vivere nell’amore. Cosa che ha capito san Bruno, offrendosi totalmente a Dio, offrendo la sua vita, rinunziando a tante cose per amore! Da qui è scaturita la gioia profonda che lui ha cercato di infondere anche nei suoi monaci, in coloro che ha incontrato nella sua vita, persino in un papa, che lo voleva fare vescovo di Reggio. Ha offerto gioia. Questa deve essere anche la missione che san Bruno ci insegna: noi dobbiamo, come consacrati, come appartenenti al Dio Amore, come appassionati del Dio Amore, come innamorati del Dio Amore, come credenti, trasmettere questo amore, con gioia. E dire: io credo nel Signore, credo nel Signore che mi vuole bene, che vuole da me cose belle, che mi vuole felice, che sicuramente farà di tutto per aiutarmi a superare anche le prove, le sofferenze, le malattie o che almeno mi darà la forza di affrontarle, di essere sempre testimone di gioia, anche nel momento più doloroso.
La strada dell’amore è questa. Non è una strada impossibile, perché il Signore ci dà la grazia, ci plasma, sempre se noi siamo disponibili a lasciarci plasmare, come creta dal vasaio. A volte il dito di Dio può essere un po’ fastidioso, ma porta alla perfezione.
Dobbiamo anche capire che non siamo mai soli. Un cristiano, che viva bene la sua fede, non deve sentirsi mai solo; sapete quante persone abbiamo accanto? Padre, Figlio e Spirito Santo vero? Dice Gesù se vi bussiamo e aprite noi siamo già dentro, poi c’è la Madonna, san Giuseppe, e tutta la realtà importante del paradiso, angeli, angelo custode, santi, protettori, abbiamo finito? No, i nostri cari, quelli che stanno già in paradiso. Come facciamo a dire che siamo soli? Diremmo che non esistono tutte queste realtà. Ecco allora la realtà dell’amore che significa condivisione, nella misura in cui noi condividiamo, allora possiamo sperimentare la realtà autentica dell’amore.
Chiediamo a San Bruno, un santo nascosto ma un santo che continua a custodirci e proteggerci, di aiutarci ad approfondire sempre di più la realtà dell’amore nella nostra vita, a far lavorare lo Spirito dentro di noi perché non ci manchi mai la presenza meravigliosa di Dio e di tutti coloro che amano il Signore.

Domenica 3 – Con san Bruno amiamo tutti i fratelli
Don Angelo BattagliaNelle tre celebrazioni di questa domenica, abbiamo accolto nel nome del Signore don Angelo Battaglia, padre spirituale del nostro seminario e assistente zonale dei nostri amici scout, con cui durante il novenario del 2016 abbiamo vissuto la bella esperienza dell’inno Akatistos, don Nino Pangallo, nuovo rettore del seminario che per tanti anni è stato il direttore della nostra Caritas diocesana e don Giuseppe Cosa, parroco dei Santi Cosma e Damiano a Bocale e vicario zonale riconfermato.
Per tutti il nostro caro don Angelo ha avuto calorose parole di accoglienza, ricordando anche i primi incontri con don Battaglia che accompagnava il nonno in chiesa quando mons. Casile era parroco a Laganadi, e con don Giuseppe, nel 1994, al suo ingresso in seminario quando il nostro parroco ne era vicerettore.
Con la loro guida, abbiamo pregato per il nostro seminario, invocando ogni dono per don Nino, don Angelo, don Emmanuel Mbamba, il vice rettore, tutta l’equipe formativa e per i ventisei giovani, che vanno dai 19 fino ai 52 anni; la maggior parte sono della nostra diocesi, altri dal Madagascar. Hanno sentito la chiamata a seguire Gesù nella via del sacerdozio e si sono messi in discussione, non è semplice accogliere la vocazione, ma si sono rimessi in gioco e lasciato tutto per seguire il Signore. Aiutiamoli con la preghiera ad affrontare la fatica del cammino, della maturazione spirituale e umana, perché il Signore sia il centro di tutto, perché a livello umano siano capaci di guidare la comunità e di relazioni belle dentro le comunità; perché siano capaci di presiedere, non di comandare, ma di guidare e aiutare soprattutto noi laici a maturare e crescere nella fede. Il sacerdote non è perfetto né senza difetti, è un uomo, un cristiano che fatica come tutti, ma nella grazia del Signore ha ricevuto il dono di poter essere il canale della grazia per il popolo di Dio.
«Il Signore disse non è bene che l’uomo sia solo», in questo versetto della Genesi (2,18) troviamo la sintesi di tutta la spiritualità di questa domenica, che possiamo definire della famiglia, della fraternità, dell’accoglienza, della generatività, della generosità, dell’apertura alla vita.
La famiglia ne è il bellissimo centro. Quando un uomo ed una donna si incontrano, scoprono la bellezza dell’alterità, delle realtà diverse di ciascuno e decidono, in un progetto di amore, di mettere insieme le loro vite, ecco che due persone diventano una cosa sola. E oggi Gesù, messo alla prova dai farisei, precisi, perfetti nelle leggi, provocatori, ribadisce: attenzione è vero che Mosè vi ha dato la legge del ripudio – che poi noi abbiamo elaborato nel discorso del divorzio – ma lo ha fatto per la durezza del vostro cuore. È il nostro cuore rigido, è il cuore duro che non ci permette di vivere, di aprirci alla vita, all’altro, a chi è diverso da noi. Gesù ce lo promette: vi darò un cuore nuovo; Dio ce lo dice nella Sacra Scrittura vi darò un cuore di carne, prenderò il vostro cuore di pietra e lo trasformerò in un cuore di carne.
Dio che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, non lo vuole solo, l’uomo ha bisogno di relazioni, di stare con, di crescere con, ma anche se nella creazione ci sono piante, animali Adamo, che dà un nome a tutto, che ha influenza sul creato, non trova un aiuto che gli sia simile; fino a quando dal suo costato ecco un’altra creatura, che è un’altra creatura ma è anche una parte di lui, sono due facce della stessa medaglia. Nel progetto della creazione nasce la famiglia, l’uomo e la donna creati per un amore che li fa crescere insieme, li fa maturare, li rende complementari; preghiamo per tutte le famiglie, che sono belle, che sono buone, che sono una grazia, ma sono anche fatica.
Veniamo qui, portando il bello delle nostre vite, ma anche gli impegni, i pesi di tante famiglie, e quanti ce ne sono! la difficoltà di comprendersi e di sopportare anche il limite dell’altro, le difficoltà educative nei confronti dei figli, dei nipoti; qui però attingiamo alla sorgente. Gesù ci avverte: siate come bambini perché per quelli come loro, è il regno dei cieli. Un bambino è semplice, vive nello stupore, nella curiosità, nell’affidamento, non ha malizia dentro il cuore, come facciamo tante volte noi, e la malizia ci allontana, ci fa diventare brutti, respingenti nei confronti dell’altro. Chiedendo l’aiuto del Signore dobbiamo cercare di togliere tutte quelle sovrastrutture che si formano in noi: i pregiudizi, la critica, i distinguo. Per essere semplici ci vuole impegno, scelta libera, amore, tenerezza, accoglienza; e quando questa cosa c’è, sia nella maternità di carne, sia nella maternità spirituale, noi diventiamo generativi, perché tutti siamo chiamati ad accompagnare in un percorso bello, un percorso di stupore, quella vita che ogni giorno il Signore manifesta sull’altare, ma che ci regala nel volto dei più piccoli e dei fratelli.
Don Giuseppe CosaSan Bruno ci insegna lo stile della fraternità. Anche se noi lo immaginiamo sempre come un grande eremita, nella posizione assorta che vediamo nella statua che sovrasta il nostro altare, le braccia e le mani a livello del cuore, uno sguardo assorto, umile, concentrato in realtà Bruno è stato l’uomo delle relazioni, della fraternità, perché ha capito che non si può vivere un rapporto intimo, eremitico con Dio, senza una comunità. Ogni domenica ci ritroviamo a celebrare l’eucaristia, il grande ringraziamento che ci ricorda che non possiamo farci santi da soli, abbiamo bisogno di quel fratello, di quella sorella, di una comunità, di un gruppo di amici, di un gruppo di persone che condividono con noi anche uno dei tanti carismi che lo Spirito ci regala.
Nella quotidianità ci costruiamo le nostre solitudini perché abbiamo paura dell’altro, che ci mette in crisi, non la pensa come noi, perché è più comodo stare da soli, fare quello che vogliamo, nessuno ci dice nulla, contesta, si oppone alle nostre idee. Il fondatore di una comunità religiosa, figlio spirituale di Padre Pio, diceva: “è meglio camminare lentamente tutti insieme per arrivare alla meta, che avere la percezione di arrivare per primi e da soli”. Anche se è più faticoso camminare insieme agli altri, bisogna camminare al passo dell’ultimo, andare accanto a un fratello, rallentare un po’ il passo, cambiare il nostro modo di vedere le cose. Se voglio mettere in pratica questa parola che mi dice “non è bene che tu rimanga solo”, io devo fare un passo indietro, il passo dell’accoglienza, il passo del fare entrare l’altro nella mia vita, questo è il fondamento della nostra vita cristiana. Se noi di fronte anche alla nostra preghiera, davanti al crocifisso, al Santissimo Sacramento, mettiamo sempre il nostro io, le nostre parole, le nostre preghiere, non ci metteremo veramente mai in ascolto di Gesù, amico, fratello, compagno di strada, Dio, creatore, redentore, elargitore di Spirito Santo e di doni, che bussa alla nostra porta. Ricordate cosa dice la Sacra Scrittura? Nel momento in cui vengo a bussare, se qualcuno mi apre, io verrò, prenderò posto alla sua mensa e cenerò con lui. Ecco lo spirito dell’accoglienza, lo spirito dell’apertura alla vita.
Non sono mancate profonde riflessioni su san Bruno grande innamorato di Dio, di Colui che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza solo per amore, un amore immenso, che supera, che sostiene e accompagna ogni altro amore ma, di più, ne è la radice. Noi esseri umani portiamo impresso dentro, questo anelito ad amare e ad essere amati, non possiamo fare a meno di amare; amiamo anche quando amiamo in maniera sbagliata. A volte ci si dice ti amo da morire, ma questo l’ha fatto davvero Dio con noi: ci ha amati da morire per noi e Lui ci chiama a questo tipo di amore. L’amore umano è sempre limitato, amare gli altri con amore divino è amarli senza limiti, è amarli da morire.
Questo amore ha cercato san Bruno, sia nella solitudine che nei vari impegni che suo malgrado ha ricevuto. Lasciare l’eremo della Certosa in santa Maria in Casalibus per la chiamata del papa gli dovette costare moltissimo, ma lui era alla ricerca di Dio anche nel fare la sua volontà e se questa gli veniva manifestata dalla chiamata del papa, lui ha cercato Dio dove il papa lo ha chiamato. Ed è approdato in Calabria, prediligendo sempre la solitudine, il silenzio, il deserto, il ritiro lontano dalla vita del mondo, non per evitare il mondo, ma per amare Dio e riversare questo amore sugli altri, in modo particolare sui suoi discepoli e fratelli certosini. Nutrito dell’amore di Dio poteva amare gli altri oltre il limite umano, con infinita bontà che si manifestava nella dolcezza e nella pazienza con tutti, nella fermezza del padre e nella tenerezza della madre. Se ci nutriamo della bontà di Dio, dell’amore di Dio, cercheremo di mettere nella famiglia e ovunque la bontà, la gentilezza, la tenerezza, la comprensione…
Don Antonino PangalloPossiamo camuffare, o coprire il desiderio di stare con Dio ma ne abbiamo un bisogno profondo; è il bisogno più profondo dell’uomo, abbiamo bisogno di essere amati e di amare.
Di tanto in tanto è indispensabile per noi ritirarci, cercare la nostra Serra san Bruno, veniamo davanti al Signore, cuore a cuore con Lui, a sperimentare il suo amore nell’adorazione eucaristica. A chi chiedeva “ma che dici al Signore?” il curato d’Ars rispondeva: “Niente, Lui guarda me e io guardo Lui”.
Ma noi, nella nostra vita, nella nostra preghiera, diciamo a Dio “ti amo!”? diciamo mai “Dio ti amo”?
Nel giorno anche dedicato a Maria Santissima, Vergine del Rosario di Pompei, chiudiamo con un pensiero di don Nino Pangallo sul rosario e la sua preghiera alla Vergine. Concludo guardando insieme con voi a Maria, alla Madonna del Rosario, oggi gli sguardi sono rivolti li, ci facciamo pellegrini, andiamo con il cuore nella storica valle di Pompei, valle in abbandono quando arrivò Bartolo Longo, non era un prete, era battezzato, era un laico che ha preso sul serio il vangelo e ha convertito la sua vita da miscredente, anticlericale, ha conosciuto il Signore, ha conosciuto Maria, sua madre ed è diventato un grande maestro. Oggi a Pompei quanta preghiera, quanta carità c’è. Guardiamo a Maria e a un certo punto nella supplica, parlando del rosario, diciamo o catena dolce che ci riannodi a Dio. Perché a volte ci allontaniamo, ci sciogliamo e abbiamo bisogno di una catena, un legame di affetto, di cuore. Questo è il rosario!
A te, Maria, affidiamo questa bella comunità parrocchiale e il suo parroco don Angelo.
A te, Maria, affidiamo il seminario e le vocazioni.
A te, Maria, affidiamo tutte le nostre famiglie.
Tu ci conosci, tu sai le cose belle e le cattive,
Maria portaci a Gesù.
Maria con te vogliamo imitare tuo figlio, come san Bruno.
Oh Maria aiutaci a scoprire che tuo figlio è la somma bontà.Supplica a Maria, Vergine del Rosario di Pompei

Lunedì 4 – Con san Bruno gustiamo la preghiera
Don Davide AmadeoAbbiamo accolto oggi il carissimo don Davide Amadeo, anche lui, come il nostro don Davide Tauro e don Antonio Circosta, è stato ordinato l’otto maggio di quest’anno e ha ricevuto l’incarico di vice parroco al Sacro Cuore di Gesù dove, proprio due giorni fa, c’è stato il passaggio di consegne tra don Umberto Lauro e don Salvatore Santoro, don Sasà che spesse volte è stato qui e a cui il nostro caro parroco ha inviato i nostri saluti.
Don Davide ha esordito ringraziando di cuore don Angelo, a cui lo lega un bel rapporto di amicizia e di figliolanza spirituale perché nei suoi primi anni di seminario don Angelo era direttore spirituale lì, e assicurando la vicinanza nella preghiera per l‘incarico importante e impegnativo che ha ricevuto.
Vi siete mai vantati di qualcosa nella vostra vita? Chi sa quante volte nella nostra vita ci è capitato di vantarci di qualcosa, di qualcosa che abbiamo realizzato, di qualcosa che avevamo. Così don Davide ha introdotto il tema della novena di oggi, la bellezza della preghiera, collegandolo anche alla festa liturgica odierna san Francesco d’Assisi. La risposta viene dalla prima lettura. Tutte le cose che possediamo, tutto quello che siamo finirà, dopo un poco ci si stanca, ma non ci si stanca mai di vantarsi della croce del Signore. Francesco d’Assisi e san Bruno avevano capito benissimo che il vanto sta nel Signore; nel senso che possiamo possedere soltanto Lui, possiamo essere posseduti soltanto da Lui e allora tutto il resto cade.
Ci ha poi proposto delle immagini coinvolgenti: quando andiamo a mare, possiamo scegliere se restare sulla spiaggia a guardare oppure tuffarci e non per restare a galleggiare, ma andare in profondità a guardare cosa c’è sotto. Il Signore, tramite l’intercessione di san Bruno, ci chiede di andare in profondità nel mare che è il suo amore, non restando tiepidi, riuscendo sempre più a coinvolgerci nel bellissimo rapporto d’amore che Dio vuole vivere con noi, vuole vivere nella nostra vita, dentro di noi. Lui non si accontenta di essere guardato da lontano.
Soltanto quando abbiamo compreso questa cosa, allora otteniamo la pace. Questo è quello che ci comunica il vangelo: venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro; quando avrete smesso di cercare vanti, pretese, cose che passano, allora scoprirete che la grande pace che state cercando, viene quando possiamo riconoscere che soltanto immergendoci nel mare che è Dio, otteniamo la pace.
San Francesco certamente lo aveva compreso, tutta la sua vita è stata un’esaltazione di questa pace: «Tu sei il bene, il sommo bene, tu sei la nostra pace, Signore». Nella vita di san Bruno questa pace si è tradotta in un perfetto stile di preghiera, come abbiamo ascoltato nella novena, san Bruno esortava alla preghiera personale e alla preghiera liturgica. Perché è bella la relazione con Dio, la bellezza sta nella nostra fede personale che cresce, quando scopriamo la bellezza della croce del Signore e la pace che viene da Lui; ma se poi non viene messa in comunione, non viene celebrata, perde un pochino.
Chiediamo al Signore, per intercessione di san Bruno e di san Francesco, che davvero la nostra vita possa essere sempre più un’immersione nel mistero di Cristo e della sua croce, morte e risurrezione ma soprattutto che impariamo sempre più a trovare nella nostra vita, tramite questa croce, la vera pace che non può venire da cose esterne, ma può venire soltanto quando apriamo la porta del nostro cuore, come ha fatto san Bruno, e facciamo entrare Dio.
Subito prima della benedizione impartita da don Davide, con la santa reliquia di san Bruno, don Angelo ha notato come per una coincidenza bella, provvidenziale il vangelo di oggi è lo stesso della festa del Sacro Cuore e ci sottolinea la vicinanza del Signore che con il suo cuore, custodisce tutti noi; e chi risponde a questa custodia è il santo, san Francesco, san Bruno, ma anche tutti noi che siamo battezzati siamo chiamati a seguire Gesù. Don Davide ha concluso notando che per un giovane prete è bello sapersi accompagnato da tanti confratelli più grandi, che stanno accanto, a cui anche fare riferimento, è una cosa importante e bella e ha ringraziato don Angelo per ciò che è stato, ma per ciò che è e ci sarà.

Martedì 5 – Con san Bruno lodiamo la Vergine Maria
P. Giovanni AitolloGiunti all’ultimo giorno della nostra novena, il giorno dopo san Francesco e il giorno prima di san Bruno, due grandi santi che ci invitano ad essere anche tutti noi santi in virtù del battesimo che abbiamo ricevuto come dono, abbiamo accolto p. Giovanni Aitollo, vicino di casa di don Angelo a San Sperato, poi con lui in seminario quando ne era vicerettore e infine ha preferito essere padre francescano, ma sempre sacerdote. Quattro anni fa, ancora frate, è già stato tra noi durante la missione popolare, ora è tornato nella nostra Reggio ed è vice parroco a san Francesco d’Assisi a Sbarre.
Nell’omelia prende spunto dal profeta Giona: alzati, va a Ninive la grande città. Il profeta ascolta la parola di Dio in quello che è un momento difficile anche per Dio che vuole salvare quella città, che non si vuole convertire, che si è consacrata agli idoli, che è lontana da Dio, come anche noi possiamo vivere simili situazioni nella nostra vita, in un momento difficile di paura, morte, malattia, sofferenza.
Oggi san Bruno in questo percorso che ci accompagna alla sua festa, ci vuole introdurre alla preghiera. Che cos’era la preghiera per san Bruno? Stare con il Signore, guardarlo, viverlo, non solo in una preghiera orante, una preghiera che parla, ma, come dice san Francesco, tutta la nostra esistenza, la nostra vita è preghiera. Il nostro modo di essere testimoni in questo tempo, il nostro modo di vivere il vangelo e di testimoniarlo è preghiera. Nella Certosa san Bruno ha regalato la sua vita al Signore pregando, lavorando e andando alla ricerca di quello che il Signore voleva da lui; quante volte anche noi ci chiediamo cosa il Signore vuole veramente da noi.
Oggi la parola di Dio ci può aiutare a capire: come Marta siamo affannati dalle cose, non riusciamo a fermarci, ad alzare gli occhi al cielo, a chiedere scusa al Signore per quante volte abbiamo pensato alle cose che non contano veramente, ci siamo dedicati alle cose esterne e il Signore ci dice di fermarci; nei momenti difficili della nostra vita, quante preghiere, quante volte abbiamo gridato al Signore guarda la mia sofferenza. Marta e Maria siamo noi. Quando nella nostra vita siamo affannati, abbiamo bisogno proprio dell’insegnamento di Maria che sta con lui, che lo guarda, che lo vive, che vive l’esperienza della preghiera, dell’offerta a Dio della nostra vita, anche noi dobbiamo ritagliarci degli spazi per parlare con Dio. A volte ci vergogniamo di parlare del Signore, di essere cristiani, cattolici, di farci il segno della croce, ma abbiamo sete di Dio e chi ci può aiutare?
San Bruno è stato il cantore di Maria. Perché Maria? Ma chi può arrivare a Gesù se non per mezzo di quella Madre che è stata sotto la croce, che ha detto si, che ha aperto le porte alla salvezza per ognuno di noi; il suo sì ci ha aperto una strada, una via verso il cielo! Maria, è lei che ci accompagna, in questo percorso.
La preghiera oggi diventa per noi una sosta, non affannatevi, è l’invito del Signore. Non affanniamoci per le cose che non contano, che non servono, facciamo una sosta davanti al Signore alzando gli occhi al cielo, aiutami Signore! e allora il canto del Magnificat diventa per noi uno strumento per camminare, l’anima mia magnifica il Signore! sempre! nei momenti belli, ma anche nei momenti meno belli. Spesso diamo le colpe al Signore quando tutto ci va male, facciamo richieste impossibili, ma proprio il Signore ci invita a stare con lui, a vivere della sua esperienza.
Come si può vivere, essere preghiera? i poveri sono la chiave di lettura della nostra vita, un cristiano non dovrebbe mai stare senza i poveri. La via della carità, ci porta ad essere uomini e donne che perdonano e amano, per vivere l’esperienza bella di una sosta davanti al Signore. Dobbiamo amarci di più, volerci più bene, invece quante volte parliamo del perdono ma non riusciamo a viverlo, a sperimentarlo!
L’augurio più bello è che questa festa vi abbia lasciato qualcosa nel cuore, che ritorniate a casa diversi nell’animo, siate cantori della vita di Dio, siate discepoli e profeti di questo tempo che forse sta cambiando ma che ha bisogno di questa luce. San Francesco diceva «ho fatto la mia parte, la vostra ve la insegni Cristo». Impariamo da Cristo mite e umile di cuore.

Mercoledì 6 – Festa di San Bruno: Lodiamo il Signore per il dono che san Bruno è per noi

Oggi festa del nostro santo Protettore, il carissimo mons. Angelo Casile, nostro parroco, nella Messa delle ore 11.30 concelebrata da don Davide, nostro viceparroco, ha ricordato don Mario che ha voluto la chiesa di San Bruno, ha speso la sua vita per edificarla e poi custodirla sempre in onore al nostro Santo.
San Bruno, nella prima Certosa, esercita la sua santità, come monaco, con amore materno e paterno, dolcezza e fortezza unite in una sola persona. Divenuto papa uno dei suoi discepoli, Urbano II, è chiamato a Roma per aiutarlo. Urbano II lo vorrebbe vescovo a Reggio Calabria, ma san Bruno rifiuta, per questo è raffigurato con la mitria ai suoi piedi oppure rovesciata. San Bruno si rifugia tra i boschi di una località delle montagne calabresi, oggi Serra San Bruno, e lì costruisce la seconda Certosa, mentre anche tante altre cominciano a nascere in tutta Europa. Quando morirà i suoi fratelli manderanno a tutte le certose l’annuncio della sua morte e ogni Certosa risponderà inviando messaggi che rivelano tutta la grandezza di San Bruno.
La prima lettura (Deuteronomio 8,2-5) si può sicuramente riferire a san Bruno che in tutte le diverse situazioni della sua vita è stato sempre seguito dal Signore: l’immagine del mantello che non si logora addosso, del piede che non si gonfia nonostante il cammino, dicono appunto la custodia di Dio nei confronti di san Bruno come dicono oggi per noi, sua comunità, la custodia di Dio per noi, attraverso anche la preghiera del nostro protettore.
Con il salmo (102,1-10) abbiamo proclamato: “Il Signore è buono e grande nell’amore” e questo ci riporta all’esclamazione preferita di san Bruno, O Bonitas, che è scritta oltre che sull’abside anche nel nostro confessionale – che è ricordo, assieme alla campana e alla statua piccola di san Bruno, della chiesetta che c’era sotto il platano – perché la bontà di Dio si rivela anche nel sacramento della riconciliazione, della confessione.
Dalla seconda lettura (Romani 8,22-30) attingiamo la virtù della speranza, la speranza di essere salvati, la speranza di essere un giorno davanti al Signore, superate le nostre fragilità, che non sono soltanto di noi uomini, ma di tutta la creazione, che “geme e soffre le doglie del parto” poiché l’universo intero è immerso nella fragilità, come conseguenza del peccato, del no dell’uomo a Dio.
Infine il Vangelo (Luca 12,35-40) ci presenta il cuore dell’esperienza certosina, san Bruno è santo perché ha passato la vita pregando e facendo della preghiera il motore di tutte le sue azioni, ancora oggi i certosini pregano e lavorano, a vari intervalli durante il giorno e la notte. In piena notte si alzano per un paio d’ore di preghiera, poi ritornano a letto e quindi si alzano alle sette del mattino, per il lavoro singolo, nelle proprie cellette e poi pranzo, da singoli nei giorni feriali, insieme nei giorni festivi, dopo aver celebrato insieme l’Eucaristia. La struttura della Certosa è sempre la stessa: la Chiesa con accanto le celle e il cimitero dove vengono sepolti i frati senza nessun nome ma solo con una croce sopra il cumulo di terra, perché ora appartengono per sempre a Dio.
Nell’esperienza certosina la preghiera di ciascuno diventa preghiera comunitaria, diventa preghiera della Chiesa, che viene espressa nell’Ufficio delle Letture, nelle Lodi e nei Vespri e trova il suo culmine nella celebrazione dell’Eucaristia, come facciamo noi: ci ritroviamo, soprattutto la domenica, per celebrare insieme la Bontà del Signore.
L’immagine evangelica della veste stretta ai fianchi indica l’operaio che deve agire e quindi tiene salde le vesti. Le lampade accese, che servono per camminare di notte, rimandano alla preghiera e alle opere della carità, come ci ricordano le vergini sagge (Matteo 25,1-13).
Tutta la vita di san Bruno e così quella del certosino diventa preghiera, opera di fede e di carità, portando tutto il mondo davanti al Padre. Lasciamo che l’esempio di san Bruno tocchi il nostro cuore e ci faccia camminare insieme incontro al Signore.

Nel pomeriggio, subito dopo il santo rosario abbiamo pregato l’atto di affidamento a san Bruno e proprio al suo termine abbiamo accolto con immensa gioia S.E. Mons. Fortunato Morrone, nostro arcivescovo. “Ci sentiamo fortunati di averla come nostro pastore e ringraziamo per questo l’amore provvidente di Dio”, così lo ha accolto il nostro caro d. Angelo, che ha ringraziato l’Arcivescovo esprimendo “la gratitudine che tutti abbiamo nel cuore per il suo affetto paterno e per averci donato don Davide Tauro come viceparroco”.
Don Angelo ha poi ricordato il caro don Mario nella certezza che partecipa dal cielo a questa liturgia e ha proseguito: “Tutta la comunità di san Bruno la accoglie. Con noi ci sono anche i padri certosini, padre Ignazio che ha mandato un pensiero di auguri: «San Bruno ci ha insegnato ad essere vicini a tutti pur essendo separati da tutti, per questo la nostra comunità, la vostra comunità è sempre nelle nostre preghiere. In profonda comunione di fede, padre Ignazio Iannizzotto dalla Certosa di san Bruno»”.
S.E. Mons. Morrone ha ringraziato per l’accoglienza sonora, calda, che ha letto nei nostri occhi malgrado le mascherine, felice di essere nella nostra diocesi dove “lavoro, con voi, non senza di voi; ma anche per voi”. Ci ha ricordato che stiamo iniziando il cammino sinodale, si cammina insieme per essere Chiesa, perché tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri e ha ringraziato don Angelo per la memoria grata di un uomo che ha dato la vita a questa comunità.
La parola evangelica ha dato il via alla storia di san Bruno: ciascuno di noi è chiamato ad essere una parte del Signore, ad essere membra del suo corpo e san Bruno ha concretizzato il Vangelo di oggi nella frase che è sopra l’abside: O Bonitas, cioè Dio è il sommo bene, il bene più grande. Quando si scopre questo, si riordina la propria vita, perché lui, il Bene sommo dà senso, dà valore, dà sostanza e orientamento ai nostri beni e lo sperimentiamo ogni giorno quando riceviamo bene dagli altri, quando siamo benedetti nel nostro cammino accanto ad altre persone.
Con uno stile paterno, profondo e familiare, il nostro arcivescovo ha iniziato l’omelia con una domanda: “Quante cose sa fare Dio? Una sola cosa sa fare Dio: amare. “Il Signore è buono e grande nell’amore”, una sola è la grandezza di Dio: amare; anzi lui è l’Amore. Lui non può operare se non amando; opera amando e ama operando. Bruno di Colonia, canta appunto questo: che Dio è amore, immenso, e quindi può fare tutto, è onnipotente, ma soltanto perché ama e non può perciò andare contro la nostra libertà.
È vero però che sotto sotto abbiamo un’immagine un po’ pagana e distorta di Dio che ci creiamo a nostra immagine, ma Gesù ci fa capire: “Non dire cose false di me, non ti fare immagini, non pensare di me quello che tu sei… Io non sono quello che tu pensi”.
Dobbiamo convertirci, per questo Gesù è venuto: per convertirci. “Convertitevi e credete al Vangelo”, alla notizia bella, nuova, insuperabile! Dio è amore, è soltanto amore! L’amore è grazia, cioè è gra-tis, gratuito.
Voi genitori tirate il conto dopo una vita spesa per i vostri figli? No! Avete dato sacrificio, amore, vita… avete dato voi stessi! Ora se voi che siete cattivi, prigionieri di voi stessi, sapete dare cose buone, quanto più il vostro Padre celeste vi ama, vi darà lo Spirito Santo che è l’amore stesso di Dio, la profondità, l’abisso del cuore di Dio; la terza persona della Santissima Trinità è l’amore condiviso tra il Padre e il Figlio e noi siamo in questo flusso di Spirito Santo, cioè di amore, eterno!
San Bruno, percorrendo la logica dell’amore, è entrato nella grazia. Anche noi quando comprendiamo che siamo amati comunque, allora la nostra risposta è: “Signore grazie!”. Questa è la fede, dire grazie a Dio! Ecco perché noi celebriamo l’Eucaristia, che è rendimento di grazie. Signore grazie perché ci ami e sei su quest’altare nel pane spezzato per ricordarcelo, perché tu ti rendi presente: “Io ci sono, sono presente!”. Il nome stesso di Gesù è “Dio ci salva”: Dio mi salva, mi dà tutta la sua vita, non mi dà pezzettini di vita, e anche se scendessi negli inferi delle fragilità, Gesù mi dice: “Io ci sono, sono sotto di te”. Signore grazie!
Il bene di Dio ha un volto: Gesù, “Chi vede me vede il Padre”. E dove lo vediamo? Nella croce! Quello è il volto di Dio e non è un defunto è il Vivente ed anche tu quando ami sei crocifisso, cioè sei legato – e non è una catena – ma è una scelta di libertà.
San Bruno, quando ha capito di essere amato, ha scelto anche lui di amare. Amare nella solitudine, perché solo chi sa stare insieme agli altri può stare in solitudine e viceversa. Poteva stare in solitudine perché era aperto a tutti; non è scappato dal mondo ma, nell’amore di Dio, si è ritirato per segnalare a tutti che Dio basta, il suo amore è immenso, assoluto.
Vegliate! Dobbiamo avere gli occhi degli innamorati per vedere il Signore che passa ogni giorno nella nostra vita. “Vegliate!”. Il Signore nell’ora e nel luogo che non immaginate viene. Attenzione: “Non verrà”, ma “Viene!”. Ma se tu hai gli occhi non innamorati, se cioè non gli vuoi bene, se Dio nella tua vita non c’entra nulla, con i tuoi affetti, con il tuo innamoramento, con i tuoi sogni, con ogni momento di fatica che fai, con l’educazione che dai ai tuoi figli, con il tuo essere vescovo, … lui passa nelle situazioni concrete della nostra vita e non sappiamo riconoscerlo, perché non ne siamo innamorati.
O Bonitas! San Bruno è stato come rapito, con i suoi limiti però ha deciso: “Signore voglio fare della mia vita un segno del tuo amore”. Come santa Teresa d’Avila che dice: “Solo Dio basta”. Che significa? Che hai la certezza, con tutti i tuoi limiti, che Dio ti ama e sopravanza, perché hai gli occhi sempre aperti, perché sai nel tuo cuore che lui ti ama più di tuo padre, più di tua madre, più di quanto tu ti ami. Quante volte non ci amiamo, ci disistimiamo, ci abbattiamo, ci scoraggiamo.
Chiediamo a san Bruno, nostro fratello maggiore nella fede, che ci aiuti a non abbatterci nel momento in cui la nostra vita è un po’ disarticolata, per tanti motivi. “Ricordati che io ci sono, che ti voglio bene”. Questo ci dà una speranza che ci spinge in avanti, ma insieme, perché il Signore passa dentro una comunità, nei volti concreti: nel mio, nei vostri, nei volti del vostro parroco, delle persone che bussano alla vostra porta; di chi dice “dammi una mano”, “aiutami”; nel volto di tuo figlio, di tua figlia. Allora teniamo gli occhi aperti, ma facciamoci una domanda: “Io voglio bene al Signore?”.
Chiediamo a san Bruno che ci aiuti a essere svegli come lui, a riconoscere il Signore che passa nel nostro quotidiano, per riconoscerlo nei volti dei fratelli e delle sorelle, con i quali e con le quali condividiamo la nostra esistenza.

Dopo la celebrazione siamo scesi ad ammirare la bellezza del nuovo teatro, progettato e realizzato in collaborazione con gli amici dell’associazione Blu Sky Cabaret, portando al meglio il teatro già esistente che era il sogno di don Mario, con tanti piccoli accorgimenti: il palco visibile da lontano, fatto in pendenza, la sonorità migliorata in maniera abissale, le luci e il sipario gestiti dal fondo, le poltroncine, il sipario originale modificato e inserito nella nuova struttura, le quinte, gli spazi deposito sotto e a lato del palco…
L’arcivescovo Fortunato si è complimentato con don Angelo e ha spronato tutti a valorizzare creativamente le risorse del creato, a collaborare alla promozione della vita umana anche con l’arte del teatro esprimendo al meglio le possibilità artistiche e culturali. Infine ha benedetto tutti: “Benedico voi, perché voi rendete benedetto questo luogo, che è già benedetto dal vostro lavoro”.